Recensione Il fabbricante di porcellane di Sarah Freethy – La nave di Teseo

Per me è qualcosa di unico: la porcellana è sl tempo stesso arte e alchimia.

#GIFTED

Gli scaffali delle librerie sono pieni di libri sulla Seconda Guerra Mondiale e di storie anche romanzate sulla Shoha, ma io avevo voglia di leggere qualcosa di diverso, cercavo un libro di qualità, una storia poco nota, e l’ho trovata tra le pagine de “Il fabbricante di porcellane” di Sarah Freethy pubblicato in Italia da La nave di Teseo.

Si tratta di  un romanzo storico ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale che narra la romantica e contrastata storia d’amore tra Max, un giovane architetto ebreo austriaco e Bettina, un’artista tedesca.

La storia è narrata attraverso due piani temporali alternati: la Germania degli Anni Trenta dove Max e Bettina vengono travolti dagli eventi e il 1993 quando Clara, la figlia di Bettina, dopo la morte della madre inizia ad indagare sul suo passato cercando di scoprire qualcosa di più sulle sue radici e sull’identità di suo padre…

Ho trovato molto avvincente la parte relativa a Clara e alla sua indagine familiare, mentre è decisamente commovente la storia dal punto di vista di Max e Bettina.

Se solo si potesse sapere che certe cose si fanno per l’ultima volta… Si assaporerebbero di più.

Max è un architetto di talento che si troverà “impiegato” in una fabbrica di porcellane che poi verrà assorbita nel campo di concentramento di Dachau.

Le porcellane saranno il filo conduttore tra passsato e presente di una storia che ancora mi fa venire i brividi ogni volta che ci penso…

La Porzellanmanufaktur di Allach è realmente esistita e fu acquisita dalle SS nel 1939, perchè anche le porcellane erano considerate un modo per consolidare l’ideologia del regime… La produzione fu  spostata vicino al campo di concentramento di Dachau, dove i prigionieri vennero costretti al lavoro forzato. Il personaggio di Max somiglia molto a Theodor Kärner, designer famoso per le sue porcellane e per pezzi come il “Julleuchter” regalato da Himmler per il Julfest. 

Bettina invece è un’artista dell’Avanguardia dedica alla cosiddetta “Arte degenerata”, così veniva chiamata l’arte dell’Espressionismo di Kandinskij.

Sarah Freethy ha ricostruito molto bene il periodo storico dell’epoca, il mondo dell’arte e il clima di terrore in cui hanno vissuto milioni di persone.

Se da un lato l’autrice ha condotto un’impeccabile ricostruzione storica, nello stesso tempo però a volte si è lasciata andare a descrizioni un pò prolisse che hanno rallentato il ritmo narrativo.

Nel complesso questo romanzo d’esordio mi è sembrato molto valido soprattutto per l’originalità dei punti di vista narrativi: il dolore e la devastazione raccontati sia attraverso una storia d’amore che con le indagini di una donna dei nostri giorni.

Come è strano, pensò lei, che quando si soffre orribilmente, la normalità sembri la cosa più anormale di tutte.

Trama:

Germania, 1929. Max, un architetto cresciuto alla scuola del Bauhaus, e Bettina, una bellissima e celebrata artista d’avanguardia allieva prediletta di Kandinskij, si incontrano a una festa. La loro attrazione è reciproca e immediata: innamorati l’uno dell’altro, e dell’arte che creano, approdano, grazie al loro talento, alle luci abbaglianti della Berlino degli anni trenta. Ma il paese è sulla soglia del baratro e l’inizio delle loro promettenti carriere viene presto offuscato dalla crescente forza del nazismo. Max è ebreo, Bettina tedesca, ma la sua arte viene considerata “degenerata” ora che anche i canoni estetici sono dettati dal partito. Quando Max viene arrestato, e rinchiuso nel campo di concentramento di Dachau, è solo il suo talento nel realizzare le squisite figure di porcellana, tanto amate dai nazisti, a frapporsi tra lui e la morte. Bettina non ha idea di dove sia stato portato, ma quando viene a conoscenza del suo destino, è determinata a salvarlo a qualunque costo. Nel 1993 la figlia di Bettina, Clara, poco dopo la scomparsa della madre, decide di intraprendere un lungo viaggio per scoprire la verità sulla propria identità e su chi veramente fosse suo padre, un segreto che Bettina le ha nascosto per tutta la vita. Sarah Freethy, con un esordio letterario folgorante, ci consegna una storia struggente e toccante, che mette il lettore di fronte alla disarmante crudeltà di cui è capace l’essere umano, ma anche alla bellezza e all’amore che possono nascere persino nelle situazioni più terribili.

Mary Watson

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